Papà Alfredo

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Bio della Storia

Mio padre, Alfredo, nasce a Sicignano, nel 1931.
Figlio di Salvatore e Ornella, papà perde sua mamma molto presto, un’esperienza che sicuramente ha segnato la sua vita.
Si sposa con Maria Paola nella Basilica di Pompei.
Dopo qualche anno di matrimonio nascono prima i tre figli Sandro, Franco e Massimiliano e poi a distanza di tempo la figlia Ornella.
Papà ha vissuto la sua vita tra lavoro e casa, in una villa costruita alle pendici del Vesuvio, dove si rifugiava per dedicarsi anche alle sue amate piante. Il ricordo che ho del mio amato padre è quello di una persona eternamente indaffarata.
Delegava le faccende domestiche a mia madre che poverina doveva occuparsi di noi quattro figli e del suo lavoro di insegnante. Quando ero piccolo la figura di mio padre grande e grosso campeggiava nella mia vita e quando non era al lavoro era pronto a prendere qualcosa da mangiare o a potare le piante del giardino.
Bravissimo nel suo lavoro di consulente aziendale papà era una persona molto generosa ed amava fare felice la gente; un tratto di lui che mi ha trasmesso e che porterò per sempre con me.
Il Babbo, aveva un modo tutto suo per insegnare le cose. Ricordo due aneddoti che sintetizzano il modo che aveva di educare i figli.
In estate, andavamo al mare a Castellammare di Stabia, al lido Bikini, lì un giorno, mio padre mi portò abbracciato a lui in mezzo al mare, lontano dalla spiaggia, dove non si faceva piede ed una volta arrivati mi allontanò da lui dicendomi: adesso seguimi e nuota come faccio io; ovviamente dovetti vincere la paura del momento e mettere tutte le energie per stargli dietro.
Fu’ il giorno in cui bevvi più acqua salata della mia vita ed imparai a nuotare, ma imparai anche che se volevo raggiungere un risultato che mi sembrava irraggiungibile, avrei dovuto sempre vincere prima la paura e poi darci dentro con tutte le energie, senza fermarmi mai.
Il Babbo, non appena diplomato volle che cominciassi subito a lavorare con lui ed a soli 18 anni, a pochi mesi dall’inizio della mia gavetta, mi trovai in una situazione che sembrava più grande di me: il collaudo di un’opera importante che era stata agevolata e che era oggetto di verifica.
Mio padre una sera mi chiese se me la fossi sentito di affrontare un collaudo ed io che sin da piccino lo avevo seguito nel suo lavoro, per non deluderlo dissi subito di sì. Dopo aver studiato il progetto per giorni, con il Dott. Nardones, scafato collaboratore di papà, il giorno del collaudo arrivai in azienda e dopo aver salutato i clienti che ci aspettavano, il Dott. Nardones mi cedette la scrivania per accogliere l’Ingegnere collaudatore del Ministero.
Io ero un minuto ragazzo di 18 anni, appena diplomato ed un po’ spaventato chiesi al dr. Nardones che forse era più giusto che fosse ci lui dietro quella scrivania ad accogliere il collaudatore e che io avrei potuto assisterlo ed aiutarlo nelle funzioni più semplici, ma il messaggio che mi venne riferito fu chiaro: “Tuo padre ha detto che devi essere tu il responsabile della pratica e che se va bene o se va male la responsabilità è solo la tua”.
Il collaudatore ultrasessantenne restò un po’ infastidito dal fatto di doversi rapportare con un ragazzino e fu brusco e freddo tutto il pomeriggio. Dopo ore di controlli e di verifiche si fece buio e decidemmo di rimandare tutto al giorno seguente. Il giorno seguente, dopo una mattinata di ulteriori controlli finalmente il collaudatore si arrese all’idea di doversi confrontare con me ed infastidito chiuse positivamente il verbale, così da consentire la chiusura del procedimento.
Fu un esperienza dura ma istruttiva, ancora una volta mio padre mi aveva buttato nel fuoco, fiducioso che ne sarei uscito vivo da solo, con le mie sole forze e senza contare sull’aiuto di nessuno.
Ovviamente non era proprio così perché’ il mio angelo protettore Dott. Nardones era stato tutto il tempo vicino a me ad assistermi, condividendo ed aiutandomi nell’immane peso del compito assegnatomi.
Altri aneddoti potrei raccontare su come mio padre intendesse il rapporto di fiducia che riponeva in me, ma tutto questo mi porterebbe solo a rappresentare come le mie esperienze abbiano un po’ precorso i tempi, grazie a lui.
Due anni dopo il mio brusco inizio lavorativo, presi la decisione di iscrivermi all’Università e lasciare il lavoro per riprendere gli studi, altrimenti chissà cosa altro mi sarebbe capitato.
Credo che le persone che conoscevano papà, lo trovassero una persona gentile e sorridente ma sul lavoro ed in famiglia si mostrava sempre burbero e scontroso. Quando era a casa non amava incontrare la gente e quando trovava in villa i miei amici i affibbiava loro un nomignolo che usava quando parlava con noi. Così venivano coniati i nomi di “scarafone” per Lello che aveva i capelli neri e la pelle bruna; c’era “pistillo” figlio di un amico di famiglia che spessissimo era con noi. I nomignoli venivano usati anche con noi figli, per lui io ero “capajanca”, per il colore dei miei capelli che erano così chiari da sembrare di paglia. Babbo odiava gli animali e quando ne comprai uno, un cane di nome Mutz , mi diceva “Mutz, ma comm puzz” o mi chiedeva come stesse “quel cane di Francesco”.
Questo era mio padre, un “Santo bevitore” che nella sua vita ha messo al primo posto il lavoro, davanti a tutto, dimenticando anche se stesso. Potrei definirlo un “lavoromane” che si divideva tra studio e casa, amando il primo, più di ogni altra cosa.
Come gran parte degli italiani di sesso maschile, cattolico non praticante, papà delegava la funzione domenicale della Messa a mia Madre che poverina, dopo ripetuti inviti, andava da sola sconsolata in chiesa al Sacro Cuore, su da noi a Cappella Bianchini.
Al Babbo piaceva molto mangiare e bere ed epiche erano le cene del giorno di Sant’Alfredo dove in “Villa Soleriano” venivano invitati i suoi amici, perlopiù vicini del viale con le rispettive famiglie. Quello era un giorno veramente speciale che ricordo con piacevole stupore; dal giorno prima si bandivano tavoli sedie ed ombrelloni venivano controllati i vini in cantina e si compravano 100 casse d’acqua minerale. Dal paese di Papà arrivava un prosciutto intero che veniva posto sul tavolo al centro del salone in bella mostra, destinato ad essere tagliato a punta di coltello durante i festeggiamenti. Al resto del banchetto ci pensavano gli uomini del catering che appropriandosi della stanza adibita a dispensa preparavano cibi dal giorno prima. Arrivato il grande giorno i camerieri servivano vivande inseguendo noi ragazzi che all’epoca eravamo perlopiù bambini invitandoci ai tavoli a degustare le prelibatezze da loro preparate. Quello era il giorno piu importante per mio padre, un giorno in cui lui era la figura al centro dell’attenzione di tutti e ricevendo gli auguri ci sentiva una persona veramente importante. Con l’avanzare dell’età il tempo gli ha concesso la gioia dei nipoti e tanto è stato il tempo trascorso con loro con il ricordo di un uomo che ha portato con dignità la sua croce dettata da un tumore che dopo anni di lotta lo ha consegnato nelle braccia del Signore. Uomo di altri tempi così lo definirei, con durezza ha affrontato la vita che gli aveva tolto la madre a soli 18 mesi. Un uomo che ha iniziato il suo calvario di sofferenze poco dopo un viaggio fatto con me e mia madre in Palestina. Con gioia ricordo i momenti trascorsi insieme, quando finalmente grande, ho potuto accompagnarlo nei suoi viaggi, sempre alla scoperta di nuovi ristoranti e di cibi nuovi, molto goloso di gelato e mai avido di denaro o di beni di lusso. Nella mia vita, In lui ho osservato la sua umiltà e tutti i suoi difetti che ho sempre cercato di migliorare nei mie difetti, per evitarli.
L’ho amato e lo amo ancora e perdonandolo per i dispiaceri che mi ha provocato, da figlio a Padre capisco come è difficile essere un buon Padre per i propri figli.
Con amore
tuo figlio Franco

Posizione

  • La mia posizione
    Torre del Greco, provincia di Napoli, Italia

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